Il giro di chiglia, la passerella e il gatto a nove code: così si punivano i marinai

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  Non si andava troppo per il sottile ai tempi della filibusta! La disciplina nei grandi velieri militari era ferrea. Un tentativo di ammutinamento, una codardia di fronte al nemico, il panico durante una tempesta e anche la semplice disobbedienza ad un ordine del comandante, venivano puniti con  la massima severità. In tanti film di pirati abbiamo visto i protagonisti costretti a camminare bendati su tavole in bilico sopra mari infestati dai pescecani, incatenati nelle stive o appesi all’albero di maestra in attesa della frusta. Ma cosa c’è di vero e di falso in queste scene cinematografiche? Cominciamo a stilare un elenco delle punizioni inflitte ai marinai dei secoli scorsi, cominciando dalla più celebre: il giro di chiglia.

Secondo alcuni studiosi, questa barbara pratica, che consisteva nel far passare una fune sotto la chiglia, legarci le mani e i piedi del condannato e farlo passare da una murata all’altra della nave, era già diffusa ai tempi dei romani e delle galee. Di sicuro, fu la marina olandese ad istituzionalizzare questa pratica sin dal 1560. Il malcapitato veniva trascinato a forza lungo la chiglia e, più che l’apnea forzata, la punizione consisteva nello scorticamento del corpo causato dai denti di cane e dagli altri organismi che infestano il legname sommerso, taglienti come schegge di vetro.

Spesso la punizione si rivelava una vera e propria condanna a morte. Dipendeva dal numero di giri inflitti, dal tempo concesso al condannato per riprendersi e dai pesi che, in alcuni casi, venivano attaccati all’uomo in modo da portarlo ad una profondità maggiore ed evitargli di scorticarsi il corpo sulla chiglia.

Questa punizione, che era comunque abbastanza rara perché significava privarsi di un uomo valido in piena navigazione, fu applicata nei casi più gravi, fino alla sua abolizione avvenuta nel 1853. Il giro di chiglia è stato utilizzato anche dalla marina inglese che lo abolì nel 1720 e da quella francese che però non lo istituzionalizzò mai. La marina militare americana invece, che fu fondata nel 1776 con la nascita degli Stati Uniti, non la utilizzò mai. Un presidente, John Adams, ne parlò in un suo libro, “Articles of War”, citando la pratica come una barbarie degna solo di quei barbari degli inglesi!

Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, a detta della maggioranza degli storici sembra che i pirati e i filibustieri non abbiano mai utilizzato questa punizione. Proprio come sembra che pirati e filibustieri non abbiamo mai costretto i prigionieri a camminare sulla famosa passerella come nel film di Peter Pan! Se dovevano buttare qualcuno a mare, questi personaggi lo facevano senza troppe cerimonie, scaraventando il malcapitato al di là della murata con tanti saluti a Messer Satanasso (come aggiungerebbe Tex Willer).

Ad introdurre la passeggiata lungo la traballante passerella sospesa sull’oceano, e a farcela rimanere impressa nel nostro immaginario, fu il grande Robert Stevenson nella sua Isola del Tesoro. Libro tanto bello e avvincente quanto poco attinente con la realtà storica della filibusta. Poi al resto ci ha pensato l’industria di Hollywood, e non c’è un film di pirati che non veda l’eroe di turno sfuggire miracolosamente al destino che lo attendeva in fondo alla passerella.

Senza dubbio la punizione più utilizzata nei velieri dell’epoca era invece la fustigazione. Il marinaio veniva appeso all’albero di maestra e frustato sulla schiena con un attrezzo composto da alcune corde annodate ed incatramate, di solito nove, alla fine delle quali venivano attaccati pallini da pesca e anche ami. Al termine della punizione, sembrava che sulla schiena del condannato si fosse accanito un felino dalle lunghe unghie, da cui il nome “Gatto a Nove Code“.

Ma anche questa punizione, che veniva regolarmente inflitta ai marinai colpevoli di insubordinazione delle grandi flotte militari dell’epoca, era utilizzata assai raramente nelle navi dei pirati. La cosa non  deve stupirvi. Molti marinai approdavano alla filibusta proprio per sfuggire alla sanguinosa disciplina praticata dai loro comandanti. Non di rado, spinti da un desiderio di libertà. Nei velieri che battevano il Jolly Roger, le decisioni venivano sempre prese a maggioranza ed era assai raro che i pirati scegliessero di punire sadicamente con la frusta un loro compagno di avventura. Scrupoli che certamente non avevano gli ammiragli della Corona Inglese o di quella Olandese di fronte ad un loro sottoposto.

 

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