La coppia si sposa a Baltimora il 29 gennaio 1896 e, neanche a dirlo, il matrimonio è l’evento dell’anno, con lei che indossa “un bellissimo abito da principessa di pesante raso bianco con strascico…”

Lucile Stewart Polk- 1900 circa


Ricchi, belli e conosciuti, i due conducono una vita privilegiata, tra feste, ricevimenti, eventi sportivi e qualche stravaganza. Lucile indossa spesso abiti che fanno discutere i giornali di moda, guida da sola una carrozza a quattro cavalli per l’affollata strada principale di Baltimora, è la prima donna a giocare a polo.

William eredita la fortuna del padre a soli diciott’anni, a venti lascia l’Università perché preferisce andare a caccia e giocare a polo.

William Ernest Carter


La coppia vive tra Baltimora, Filadelfia, New York, Washington e la casa estiva di Newport.
Intanto hanno due figli e viaggiano molto. Sono spesso in Europa, più che altro in Inghilterra, dove sono invitati a Corte, anche se William preferisce partecipare alla stagione venatoria. Lui ha anche una grande passione per la novità di quegli anni d’inizio secolo, l’automobile: possiede due Mercedes, e proprio sul Titanic fa imbarcare una Renault 25 cavalli, per la quale poi chiederà alla compagnia di navigazione un risarcimento di 5.000 dollari.
Nel marzo del 1912, dopo quasi un anno trascorso in Gran Bretagna, la famiglia decide di tornare negli Stati Uniti, e compra i biglietti per viaggiare sulla RMS Olympic (gemella del Titanic insieme al Britannic), che deve salpare da Southampton il 3 aprile.
All’ultimo momento però i Carter cambiano idea e decidono di partecipare al viaggio inaugurale del Titanic. Si imbarcano i coniugi e i due figli, con al seguito tre persone di servizio più due cani.

Lucile Carter e la partenza del Titanic

La famiglia Carter occupa due cabine di prima classe, la B-96 e 98. La sera del 14 aprile i Carter partecipano a una cena esclusiva, organizzata nel ristorante a la carte dal magnate statunitense George Widener (che morirà nel naufragio) in onore del comandante Edward Smith. A fine serata le signore si ritirano nelle loro cabine, mentre gli uomini si riuniscono nella sala fumatori per giocare a carte. E lì rimangono fino a quando non avviene la collisione con l’iceberg. A quel punto Carter va in cabina dalla moglie e le dice di vestirsi insieme ai bambini, mentre lui cerca il modo per garantire loro un posto su una scialuppa di salvataggio.

La versione ufficiale dei Carter alla stampa, alla fine della brutta esperienza, è che William scorta la famiglia alla scialuppa n. 4, e poi si allontana insieme ad altri uomini.

Poco prima dell’affondamento, Carter riesce a salire sulla scialuppa pieghevole C, e all’opinione pubblica che lo accusa di non avere rispettato la regola del “prima le donne e i bambini”, risponde accoratamente: “Il signor Ismay e io, e diversi ufficiali, abbiamo camminato su e giù per il ponte, gridando “ci sono altre donne?” Abbiamo chiamato per diversi minuti e non c’è stata risposta, ci siamo imbarcati… Posso solo dire che il signor Ismay è salito sulla barca solo dopo aver visto che non c’erano più donne sul ponte.”

A gennaio del 1914 la signora Carter presenta istanza di divorzio, addebitando al marito “un trattamento crudele e barbaro”. E salta fuori (ma solo un anno dopo) un racconto un po’ diverso di quella tragica notte del 14 aprile di due anni prima. Carter è sì andato a svegliare la moglie e i bambini, ma poi sparisce.

Lucile esce all’aperto con i figli, e nel caos di quell’inferno senza fuoco, fa più volte il giro del ponte, cercando di ritrovare il marito, l’uomo con il quale ha scelto di dividere la buona e cattiva sorte, il padre dei suoi figli. Intanto, molte scialuppe sono state calate in mare, e tutte si sono subito riempite. Ormai alla disperazione, la donna sale con i bambini sulla penultima scialuppa. E lì esce fuori la sua tempra da sportiva:

“Quando sono salita sulla lancia non c’erano marinai. Poi vennero alcuni uomini, c’erano i remi senza nessuno che li usasse. La barca era piena di passeggeri e non avevo altro da fare che prendere un remo. Ora potevamo vedere che era giunto il momento della nave: stava affondando, e fummo avvertiti dalle grida degli uomini ancora là sopra di allontanarci rapidamente dalla nave. La signora Thayer, moglie del vicepresidente della Pennsylvania Railroad, era sulla mia lancia, e anche lei prese un remo. Faceva freddo e non avevamo avuto tempo di vestirci con abiti caldi. Remare mi ha riscaldato. Abbiamo iniziato a staccarci dalla nave. Abbiamo potuto vedere i contorni tenui dei ponti più in alto, ma non siamo riusciti a riconoscere nessuno”.

Una scialuppa di salvataggio del Titanic

Si fa finalmente mattina, dopo una notte di freddo e lacrime, di paura e incertezza, e arriva il Carpathia, la nave della salvezza per le circa 700 persone che hanno trovato posto sulle scialuppe di salvataggio. Gli altri 1500 tra passeggeri ed equipaggio (conto stimato) sono tutti morti annegati o, nella maggioranza dei casi, di ipotermia.

Probabilmente Lucile pensa che il marito sia morto, rimasto a bordo del Titanic insieme ai molti altri uomini che hanno rispettato il protocollo “prima le donne e i bambini”. Invece, mentre la scialuppa accosta al Carpathia, lo vede affacciato al parapetto, e quando i due sono faccia a faccia, tutto ciò che lui sa dirle è che ha appena fatto un’ottima colazione e che non avrebbe mai pensato che lei e i bambini ce l’avrebbero fatta.

Così finisce la storia della coppia più conosciuta e invidiata di quegli anni, nell’Est degli Stati Uniti. Lei poi si risposerà con un altro magnate dell’industria americana, lui invece ha un brutto incidente giocando a polo e conduce una vita ritirata fino alla morte.

Nota a margine: non si trova cenno della fine che fece il personale di servizio dei Carter, ma si sa che i loro due cani morirono, perché William fece richiesta di risarcimento per una somma di 100 dollari per uno e di 200 per l’altro.

Annalisa Lo Monaco